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Premessa
Inizio 1916. Sia sul fronte francese come sul fronte italiano della "Grande Guerra", il conflitto si è ormai
immobilizzato, diventando guerra di trincea. Nei mesi precedenti, in una serie di sanguinose battaglie
combattute sul fiume Isonzo tra il giugno e il novembre 1915, erano caduti 450.000 uomini, di cui
250.000 austro-ungarici e 200.000 italiani.
L’idea di un rapido compimento di quella che veniva dipinta come la "quarta guerra di indipendenza nazio-
nale", alla prova dei fatti si sta ormai dimostrando illusoria. L’opinione pubblica, anche se non è in grado
di cogliere la vera dimensione dei massacri,incomincia ad essere impressionata dalle sempre più frequenti
notizie di morti sui campi di battaglia, che vengono comunicate alle famiglie e pubblicate sui giornali.
Non stupisce quindi il fatto che da parte dei contendenti si inizi ad usare in modo non episodico, come
strumento militare strategico, quello dei bombardamenti aerei che non distinguono tra obiettivi bellici e
popolazioni civili. I bombardamenti delle città, con una lunga spirale di “botta e risposta”, si intensificano
sui vari scenari europei di guerra e perseguono non solo l’obiettivo militare di portare danni materiali al
campo nemico, ma anche quello psicologico di far crescere il risentimento generale verso un “nemico
barbaro” responsabile di portare la guerra “in ogni inerme focolare”. Attraverso i bombardamenti delle
città si mira ad incidere sulla tenuta morale delle popolazioni della nazione avversaria e al tempo stesso si
intende galvanizzare la propria grazie alle azioni di rappresaglia, facendo sì che i civili, pur non essendo in
trincea, si sentano “soldati del fronte interno”. In questo contesto va interpretato l’episodio del bombarda-
mento aereo austro-ungarico delle città di Monza e Milano del 14 febbraio 1916 (da taluni studiosi consid-
erato il primo bombardamento strategico della storia!), al quale si collega il successivo bombardamento
di rappresaglia della città di Lubiana, avvenuto il 18 febbraio seguente.
14 febbraio 1916: la cronaca del bombardamento
A Monza quel 14 febbraio del 1916 è “giornata memorabile … di ansia e di spavento” (1) e, purtroppo,
per alcune famiglie, anche di dolore e di morte venuta dal cielo. Di prima mattina, forse si disse allora con
l’obiettivo di distruggere la fabbrica di aerei militari La Meccanica Lombarda [lo stabilimento si trovava in
via Marsala 9], compare sulla città un aereo austriaco staccatosi dallo stormo che era stato incaricato di
attaccare Milano e altre importanti città lombarde (Monza, Bergamo, Brescia) (2) . Il giornale locale monz-
ese Il Cittadino del 17 febbraio lo definisce come un aereo "Aviatik" tipo "Taube", che, dopo aver eseguito
una serie di evoluzioni, si lancia in picchiata sulla città, sganciando alcune bombe esplosive ed incendia-
rie.
L’attacco dura circa mezz’ora e si concentra in tre diverse parti della città. Alle Grazie Vecchie esplode
una prima bomba, che fortunatamente non produce danni in quanto cade nei prati. Un secondo ordigno
esplosivo viene sganciato nella zona di via Mentana, prossima allo stabilimento Hensemberger, in “un
campo di fronte alle Canesi”, dirà il rapporto steso quella stessa giornata dal Comandante della Polizia
urbana. Ma la zona della città a subire i danni maggiori è quella di San Biagio. Su questa parte della città
l’aereo lancia quattro ordigni: due bombe incendiarie e due granate. La prima bomba incendiaria cade,
senza produrre danni, nei pressi della Cappella Espiatoria, rischiando di colpire l’ospedale militare allog-
giato nel vicino odierno Collegio San Giuseppe. Il secondo ordigno incendiario è sganciato in via Tomma-
so Grossi, appiccando le fiamme (poi rapidamente estinte) alla ditta di lavorazione legnami Pietro Sala dei
f.lli Guffanti. Altro insediamento colpito da una granata lanciata dall’aereo austriaco è la caserma dei cara-
binieri di San Biagio, allora sita in via Luciano Manara; l’ordigno esplode “demolendo parte del fabbricato
ove alloggia la famiglia di quel maresciallo”, precisa il rapporto del Comandante della Polizia urbana.
Il documento passa poi a fare in modo molto preciso il bilancio delle vittime tra gli abitanti di Borgo San
Biagio causate da una quarta granata. Questa, racconta il rapporto, “ha avuto più serie conseguenze,
poiché esplodendo entro il 2° cortile della casa in via Como N.°12 ha ucciso il calzolaio Crippa Giuseppe,
d’anni 31, celibe ed ha ferito gravemente Sala Maria, fu Pietro, d’anni 66 e Galliani Anna Maria in Galbiati,
d’anni 36 [poi deceduta il giorno 20 NdR]; ha pure cagionato lievi lesioni a Crippa Rosa sposata Sirtori
d’anni 40, sorella del defunto su ricordato, e all’orologiaio Medina Guido, d’anni 36, tutti abitanti nella casa
in parola, un portico della quale è stato abbattuto e si sono avuti altri danni materiali, come rotture di vetri,
di persiane, ecc.”.
Quindi, stando al rapporto della Polizia Urbana e a quanto riferito dalla stampa, nel bilancio finale delle
vittime dell’attacco aereo su Monza, durante il quale furono sganciate sei bombe, si contarono due morti
e tre feriti. A Milano, che subì un attacco ancor più pesante (3) , si ebbero una settantina di vittime; fra i
diciotto morti si conta anche una vittima brianzola, ovvero un contadino di Mezzago, il signor Enrico
Colombo, che quel giorno si era recato nel capoluogo lombardo.
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