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COLORO CHE SI OPPOSERO ALLA GUERRA (1914 / 1917)

           Monza aveva partecipato attivamente ai movimenti neutralisti che tra il 1914 e il 1915 avevano cercato di
           impedire l’entrata in guerra dell’Italia; le donne furono molto attive, anche sulla scena internazionale.
           Il pacifismo delle donne socialiste e il femminismo internazionalista nonviolento.
            L’organizzazione femminile delle donne del Partito Socialista Italiano era nata all’inizio del 1913  e aveva
           trovato figure di spicco in Antonietta Piazza e in operaie del settore tessile come  Alessandrina   Cazza-
           niga Figliodoni, che avevano organizzato a Monza varie azioni a sostegno della neutralità dell’Italia.
           Particolarmente importante per il suo impegno socialista pacifista non violento fu la figura di Rosa Genoni
           (1867-1954),  stilista e suffragetta lombarda, instancabile protagonista del movimento contro la guerra a
           livello milanese come a livello internazionale. Promotrice nel 1914 dell’associazione Pro Humanitate a favore
           di “una neutralità operosa e feconda per una pace che ponga fine alle guerre” fu l’unica delegata italiana
           che nel 1915 partecipò al congresso mondiale delle donne per la pace a l’Aja. Agì come animatrice di
           petizioni e di molteplici iniziative contro la guerra e per il soccorso umanitario a feriti e profughi. Negli anni
           ’20 la sua posizione nonviolenta si scontrò contro la componente leninista che riteneva di costruire la pace
           attraverso la guerra proletaria; abbandonò quindi il giornale La Difesa delle Lavoratrici, di cui era stata tra le
           promotrici, e pose fine alla collaborazione con l’intellettuale pacifista francese Henri Barbusse , con il quale
           aveva iniziato a cooperare alla fine della guerra.
           Lo sciopero spontaneo delle donne contro la guerra del 1917 e il pacifismo degli Amministratori
           locali di Monza e Brianza
           La gran parte degli operai monzesi e contadini brianzoli partiva per il fronte con la morte nel cuore e anche
           con una gran rabbia repressa per dover subire una scelta loro imposta dall’élite interventista. Con gli uomini
           al fronte, alle donne toccò il gravoso compito di sostituirli al lavoro dei campi e in fabbrica e di far fronte alla
           penuria alimentare causata dalla guerra.  Queste, insieme madri e spose, lavoratrici e casalinghe, furono
           protagoniste della protesta contro la guerra che esplose nei primi giorni di maggio del 1917. Allora una
           moltitudine di donne, proveniente dai paesi della Brianza, invase le vie di Monza, arrivando sino a Milano,
           chiedendo maggiori razioni alimentari e insieme la fine della guerra. In città prima si mobilitarono le donne
           del cotonificio Fossati, poi la protesta il 3 maggio coinvolse tutte le altre fabbriche monzesi e proseguì nei
           giorni successivi. Si trattò di una protesta mai vista a Monza e in Brianza durante gli anni della guerra,
           incontenibile, che fu solo bloccata dal massiccio dispiegamento di militari, schierati con la baionetta innes-
           tata. L’azione delle donne fece sì che il Consiglio Comunale di Monza, circa un mese dopo, deliberasse una
           sia pur moderata presa di posizione in sostegno al movimento di piazza e di invito a tutte le amministrazioni
           comunali della Brianza ad impegnarsi attivamente per la pace. Fu così che nelle assemblee delle donne si
           affacciarono anche Sindaci e amministratori locali, come avvenne a Bresso il 5 maggio 1917. La Prefettura
           prese spunto dal discorso pronunciato in tale occasione dal Sindaco socialista di Nova Milanese Carlo
           Pessì per denunciarlo; arrestato, Pessi venne condannato il 7 luglio a dieci anni di carcere per tradimento
           . Un mese dopo il Consiglio Comunale di Monza, allora presieduto dal Sindaco socialista Ezio Riboldi ,
           veniva sciolto dal Governo, la città di Monza commissariata. La vicenda monzese fu un caso nazionale che
           arrivò anche in Parlamento e di cui parlò anche la stampa estera, come il giornale francese Journal des
           débats.

           COLORO CHE LAVORARONO PER IL PERDONO E LA RICONCILIAZIONE (1919 – 1920)

           Le madri d’Europa e i Sindaci italiani che salvarono i bambini di Vienna (1920).


           I mesi seguenti la fine della Grande Guerra videro tra i civili, in particolare fra i bambini dell’Europa Centrale,
           più vittime del conflitto. Il protrarsi del blocco commerciale portava malattie da sottonutrizione e all’inizio del
           rigido inverno 1919 1920 una strage inusitata si profilava nel cuore del continente. L’Europa allora si mobil-
           itò con iniziative umanitarie, promosse non dai Governi ma dalla società civile. Papa Benedetto XV promul-
           gò l’enciclica Paterno iam diu  che invitava i cattolici a partecipare alla mobilitazione. Furono organizzate
           collette, inviati alimenti, medicinali, generi di soccorso, mentre migliaia di piccoli viennesi furono adottati a
           distanza o vennero ospitati all’estero in centri e in famiglie.








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