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Giorgio Pagnoni
Dicono che, quando sei ragazzino, per venir su bene
occorra una figura di riferimento in cui credere. Non
so se sia venuto su bene, ma senza dubbio il mio
riferimento è stato lui: Lurgan.
E così per molti altri della mia generazione scout, ne
sono sicuro.
Lo seguivamo dappertutto, senza discutere: quando
telefonava, non diceva “pronto”, iniziava con “Lurgan!”
e ti veniva da metterti sull’attenti, al telefono.
Quella volta che, a Canonica, ci fece salire sugli alberi,
pini ancora giovani, con il tronco esile e flessibile.
Quando eravamo abbastanza in alto, dovevamo
cominciare a ondeggiare, in modo che l’albero si
piegasse fino ad avvicinarsi all’albero a fianco: in quel
preciso momento bisognava passare da un albero
all’altro, come le scimmie.
Cose che era prudente non raccontare al ritorno a casa.
Quando facemmo la famosa impresa in kayak Lecco-
Colico-Como, ci sorprese una tempesta di breva proprio
al centro del lago, all’altezza di Dervio.
Non sapevo e non credevo che nel lago ci potessero
essere onde così alte e vento così forte: pioveva a
dirotto e i kayak li avevamo costruiti noi utilizzando un
modello preso in prestito da un clan ricco di Milano.
Erano fatti di un esile scheletro di travetti di legno
inchiodati fra loro, rivestito da un telo robusto
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